Con il Decreto Legislativo n. 198/2002, meglio noto come “Decreto Gasparri”, furono concesse MAGGIORI LIBERTA’ per l’installazione di ripetitori di telefonia mobile sul territorio nazionale. Il risultato è stata una rapida proliferazione di antenne, soprattutto nei centri abitati. Il decreto infatti considerava i ripetitori come OPERE DI URBANIZZAZIONE PRIMARIA, e pertanto essi erano da considerarsi come strade, fogne, illuminazione pubblica, la rete idrica e quella del gas ecc. Sempre secondo il Decreto Gasparri, le antenne erano compatibili con qualsivoglia destinazione urbanistica, fermo restando che i Comuni potevano individuare aree più idonee di altre per ospitare i ripetitori. Infine, fu stabilito che la DISTANZA MINIMA tra ripetitori e abitazioni dovesse essere di almeno 70 metri.

Ma attenzione: nel 2003 la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’INTERO Decreto Gasparri per eccesso di delega.

Successivamente è entrato in vigore il Codice delle Comunicazioni Elettroniche, che però non prevede una distanza minima di sicurezza.

Oggi l’autorizzazione all’installazione e all’esercizio di ripetitori di telefonia mobile è subordinata a numerosi criteri, tra cui:

il rispetto della normativa ambientale;

  • il rispetto della pianificazione urbana e rurale e del piano delle telecomunicazioni;
  • il rispetto degli obblighi della concessione, dell’accesso o dell’uso di suolo pubblico o privato;
  • il rispetto delle norme relative alla limitazione dell’esposizione delle persone ai campi magnetici prodotti dalle reti di comunicazione elettronica, in conformità alle norme comunitarie.

Spetta agli Enti Locali effettuare questi accertamenti, previo rilascio dell’autorizzazione.

A livello nazionale, il punto di riferimento è la Legge n.36/2001 “Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”.

Questa legge non indica delle distanze da rispettare, ma piuttosto degli OBIETTIVI DI QUALITA’ da rispettare, che si ottengono andando a MINIMIZZARE i valori di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.

Gli obiettivi di qualità per aree densamente frequentate sono di 6V/m per i campi e 100 mW/m2 per la densità di potenza.

Ovviamente questi sono limiti da NON superare e per fare ciò è opportuno posizionare i ripetitori ad una distanza idonea da case, scuole, ospedali e aree pubbliche in generale.

Questo perché l’intensità dei campi elettromagnetici decresce con il quadrato della distanza; quindi, più è lontano un ripetitore e più siamo al sicuro.

L’effetto ombrello è relativo e va sempre verificato, perché dipende dal tipo di emettitore e dalla sua configurazione.

La Legge Quadro (L. 36/2001, art. 8) assegna ai comuni la facoltà di pianificare al fine di minimizzare l’esposizione della popolazione: “. I comuni POSSONO ADOTTARE UN REGOLAMENTO PER ASSICURARE IL CORRETTO INSEDIAMENTO URBANISTICO E TERRITORIALE DEGLI IMPIANTI E MINIMIZZARE L’ESPOSIZIONE DELLA POPOLAZIONE AI CAMPI ELETTROMAGNETICI con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, …”

Quindi il PRAEET  non vieta i ripetitori, ma li regolamenta garantendo la copertura da segnale di tutto il territorio.

Conclusioni

Concludendo, non esiste più una distanza minima stabilita per legge tra ripetitori di telefonia mobili e abitazioni.

La distanza di sicurezza va calcolata da chi progetta l’opera tenendo conto degli OBIETTIVI DI QUALITA’ descritti dalla Legge Quadro.